Venerdi 15/07
Le buone intenzioni c’erano tutte per partire quanto prima,
ma alla fine quando raggiungiamo il campeggio sono già le 22,30. Fortunatamente
la gentilezza dei gestori della struttura è quasi fuori dal comune: ci
aggolgono con gentilezza e un sorriso di benvenuto e ci accompagnano tra le ripide vie del
campeggio alla nostra piazzola. Giusto il tempo di posizionarci e siamo a
letto con tanto di piumetto, perché l’aria tra queste montagne è davvero
fresca.
Sabato 16/07
Al risveglio possiamo ammirare dove ci troviamo. Delle alte
vette ci circondano e tra le fronde degli alberi intravvediamo pure uno scorcio
di lago. Il posto è davvero bello e il campeggio supera di gran lunga le
aspettative (per l’importo di 20euro per tutto il weekend ci aspettavamo
qualche pessima sorpresa!).
Dopo colazione
decidiamo cosa fare per la giornata. Il desiderio di vedere il motivo del
nostro viaggio prevale e quindi rimettiamo in moto il camper e usciti dal
campeggio ci dirigiamo verso la diga del Vajont.
Il percorso che ci separa ad arrivare alla diga passa tra
paesaggi affascinanti, costeggiando il torrente Cellina dove sarebbe uno
spettacolo navigarlo in canoa
e poi su a scollinare sul passo S.Osvaldo per
ridiscendere alla meta. Parcheggiamo in uno dei primi parcheggi che si trovano
in alto, e già da lì ammiriamo quel ventaglio di cemento che tiene unito le due
montagne: il monte Salta e il più tragicamente ricordato, monte Toc.
vista della diga dal parcheggio |
Scendiamo a
piedi un paio di curve e dopo aver acquistato i biglietti (5euro per solo gli
adulti) ci possiamo unire ad un piccolo gruppo per la visita guidata. Il gruppetto a cui ci aggreghiamo è già in
cerchio attorno alla guida che li sta introducendo alla spiegazione di ciò che
ci circonda. Chi ci racconta di questa diga è un signore anziano, Giuseppe, un
ottantatrenne in ottima forma, che con il suo tono pacato, in pochi minuti ci
lascia ammutoliti.
Lui è un superstite di quella sciagura, e quello che ci
racconta non è quindi la storia solo scritta, ma la storia vissuta di quella notte e dei
giorni a venire che hanno segnato gli abitanti di questa vallata. Tutto ciò ci coinvolge
maggiormente, e quando le sue parole quasi tremano nel raccontarci qualche
dettaglio veniamo coinvolti emotivamente anche noi. Aver letto ( "Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe" di Tina Merlin) e visto ( Il Racconto del Vajont di Marco Paolini) qualche cosa a
riguardo di questa sciagura, che certamente poteva essere evitata, è stato
oltre che interessante anche toccante, ma rivivere quei momenti dalle parole di
Giuseppe, ci cala in immagini di paura, di dolore, di tristezza ma anche di
tanta rabbia. Come per altri tragici eventi della storia, dove il potere, l’arrivismo
e la superficialità di alcuni, hanno trasformato in orrore la vita di altri,
non posso non chiedermi come sia potuto accadere. Come tutto ciò sia accaduto
qui, in questo modo. Sembra assurdo, ed invece è tutto li, davanti ai nostri
occhi. Ci stringiamo al nostro Lorenzo mentre osserviamo le 487 bandierine
appese lungo il percorso che ci porta alla sommità della diga. Sono 487 bandierine
in cui vi è scritto su ognuna il nome di ogni bambino che perse la vita quella
notte. Lorenzo vuole che gli leggiamo qualche nome. Noi facciamo un po’ fatica
a non far sentire il nostro nodo in gola.
![]() |
487 piccoli innocenti ricordati da bandierine appese |
Proseguiamo il nostro cammino che ora
sembra sempre più una solenne marcia alla memoria. Guardiamo le montagne
scavate nella roccia dalla potenza della natura, che, sfidata oltre ogni limite
dalle ambizioni dell’uomo (se tali si possono chiamare…) si è sfogata con
migliaia di metri cubi di acqua frantumando e modificando quello che
naturalmente si era creato in migliaia di anni prima. Con quell’opera ingegnosa,
o forse oggi meglio definire criminale, furono rotti gli equilibri che la natura aveva
creato. Guardiamo nel profondo della valle, il salto dei 260 metri di
dislivello. Guardiamo lontano tra le montagne la in fondo Longarone.
Proviamo
ad immaginare l’energia che possono avere avuto 50milioni di metri cubi di
acqua (ed è difficile immaginarli…) che hanno sorpassato questa diga, lasciando
dietro se quasi 2000morti.
Longarone in fondo alla valle |
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l'imponente diga a doppio arco |
anche Lorenzo è attento alle parole della nostra guida |
il passaggio sulla diga |
Dopo quaranta minuti di spiegazioni/emozioni, salutiamo,
ringraziamo (e ci tratteniamo dall’abbracciare) la nostra guida e torniamo al
camper. Pranziamo e quindi scendiamo a Longarone per una visita prima alla
chiesa e poi al museo.
il Museo a Longarone |
un monito al museo di Longarone |
![]() |
difronte alla chiesa di Longarone |
da Longarone la vista della diga |
Rompiamo la tristezza che sentiamo dentro, gustando la
specialità di questa città: il gelato.
gustosi gelati |
Riprendiamo il percorso a ritroso per la
valle e quindi torniamo a Barcis per la serata.
Domenica 17/07
Oggi ci dedicheremo solo a qualche ora di relax e quindi
prese le biciclette partiamo per il giro completo del lago. La ciclabile non
chiude ad anello il piccolo specchio d’acqua, ma lo scarso traffico consente comunque
di gustarci i panorami.
ciclisti della Domenica... |
lago di Barcis |
A Barcis molti turisti si godono nel fare pic-nic nei
vari spazi dedicati a bordo lago, ma noi optiamo per il camper. Un riposo
pomeridiano, cullati dall’aria fresca che qui abbonda, e quindi partiamo per il rientro nella
nostra calda e afosa Mantova.
alla prossima... |
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